giovedì 26 gennaio 2012

L'indice glicemico degli alimenti

Introduzione: i carboidrati

Ho già esposto in un altro post i fattori di rischio per la salute che derivano dall'alimentazione e sui quali c'è largo consenso scientifico; riporto qui tutti quelli relativi ai carboidrati:
  • elevata assunzione di fibra alimentare:
    • C- per l'Obesità,
    • P- per il Diabete,
    • P- per le Malattie Cardiovascolari;
  • assunzione di frutta e verdura:
    • C- per l'Obesità,
    • P- per il Diabete,
    • C- per le Malattie Cardiovascolari,
    • P- per i tumori alla cavità orale, all'esofago, allo stomaco, al colon ed al retto;
  • assunzione di bibite e succhi di frutta zuccherati:
    • P+ per l'Obesità,
    • P+ per l'erosione dello smalto dentale;
  • assunzione di cereali integrali:
    • P- per le Malattie Cardiovascolari;
  • assunzione di potassio:
    • C- per le Malattie Cardiovascolari.
Le lettere esprimono il livello di certezza espresso dagli scienziati: C significa "Convincente", P sta per "Probabile", mentre il segno più indica "aumento del rischio", e il segno meno "riduzione del rischio".
Se, in più, si considera che la fibra alimentare è abbondante soprattutto nei cereali integrali, nei legumi e nella verdura, mentre il potassio è abbondante soprattutto nella frutta, allora vediamo una completa coerenza tra i risultati esposti nei due precedenti post e relativi a due diversi rapporti scientifici FAO/OMS: per stare bene bisogna solo aumentare il consumo di frutta e verdura!


In un post sulle diete ho invece parlato del principio di selezione dei carboidrati su cui pure c'è largo consenso scientifico, e che riassumo qui:
E' più importante scegliere il giusto tipo di carboidrati da assumere, piuttosto che imporre dei limiti all'assunzione, infatti: "Whole-grains, legumes, vegetables and intact fruits are the most appropriate sources of carbohydrate.", cioè: cereali integrali, legumi, verdura e frutta intatta sono le fonti più appropriate di carboidrati!
Per capire cosa c'è alla base di questo stringente consenso scientifico, ed anche per ricavare delle indicazioni utili al mantenimento (o miglioramento) del nostro benessere, espongo nel seguito traduzioni e deduzioni tratte dal lavoro di singoli scienziati e non dal generale consenso della comunità scientifica; dichiaro pertanto di non avere nessun interesse alla diffusione di queste informazioni se non quello di contribuire ad una crescita complessiva della cultura alimentare di chi è interessato.

La glicemia

La glicemia è la misura della concentrazione di glucosio disciolto nel nostro sangue, e si esprime solitamente in milligrammi (di glucosio) per decilitro (di sangue), o mg/dl; il valore standard di riferimento per la glicemia a digiuno è di 70 mg/dl.
Quando mangiamo un qualunque alimento che contenga carboidrati, il nostro organismo ne ottiene, dopo la digestione, una certa quota di glucosio, che passa poi nel sangue. Il nostro corpo usa il glucosio come fonte di energia per tutti i suoi processi vitali; per utilizzarlo, è però indispensabile che esso passi dal sangue ai tessuti; questo passaggio è normalmente favorito dall'insulina, un ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas in risposta ad un aumento della glicemia, ma non solo (vedi: articolo sull'indice insulinico).
Questo meccanismo si incrina quando il pancreas è portato a secernere "troppa" insulina per "troppo" tempo; questa situazione porta i tessuti del nostro corpo a sviluppare una forma di resistenza all'insulina, detta proprio "insulino-resistenza", che è poi protagonista nell'insorgenza del Diabete di tipo 2.

L'Indice Glicemico (IG)

Dopo aver mangiato una porzione di cibo contenente una data quantità di carboidrati, una certa percentuale di essi sarà convertita in glucosio che passerà nel sangue; se si mangiasse, invece, una identica quantità di glucosio puro, otterremmo un trasferimento completo, al 100%.
L'IG è definito proprio come il rapporto percentuale tra la quantità di glucosio che arriva al sangue a partire dai carboidrati effettivamente ingeriti, e quella di riferimento prodotta dall'ingestione di un'identica quantità di glucosio puro.
Vediamo ora come si misura, sperimentalmente, l'indice glicemico di un certo alimento.
Nel protocollo pubblicato dalla Università di Sidney e seguito dal loro servizio di misura SUGiRS, si specifica innanzi tutto che l'indice glicemico può essere definito solo per alimenti che contengono carboidrati in misura "ragionevole"; dunque: niente carboidrati, niente indice glicemico!
Cosa si intende per contenuto "ragionevole" di carboidrati, per un certo cibo?
Per capirlo, vediamo cosa prevede il protocollo di misura dell'indice glicemico per un alimento:
  1. Dosi di cibo contenenti tra 10 e 50 grammi di carboidrati sono somministrate a 10 volontari sani immediatamente dopo il digiuno notturno. 
  2. Si misura quindi la loro glicemia, mediante il normale test a puntura superficiale sul dito, ad intervalli di 15 minuti per 2 ore.
  3. Rappresentando graficamente i valori di glicemia così ottenuti, si ottiene la curva della risposta glicemica, e si calcola l'area (integrale) sotto la curva. Questo valore è il carico glicemico corrispondente a quella dose di quel cibo, per ogni volontario.
  4. Si ripetono i passi da 1 a 3, somministrando questa volta una quantità di glucosio, sempre tra 10 e 50 grammi, pari alla quantità di carboidrati presenti nella dose di cibo, dopo un ulteriore digiuno. Si ottiene così il carico glicemico dovuto a questa quantità di glucosio, sempre per ogni volontario.
  5. Per ogni volontario, si calcola il rapporto tra i due carichi glicemici ricavati al punto 3 ed al punto 4; si ottiene così l'indice glicemico per quel cibo, ma sempre relativo al singolo volontario.
  6. Infine, facendo la media degli indici glicemici su tutti i volontari, si ottiene l'indice glicemico (IG) dell'alimento.
E' quindi chiaro, visto questo protocollo, che un alimento che contenga meno dell'1% di carboidrati obbligherebbe i volontari a mangiarne quantità non ragionevoli (da 1Kg in sù) per ottenere il valore minimo previsto di 10 grammi di carboidrati, perciò gli alimenti con pochi carboidrati sono scartati a priori.

Per quanto riguarda l'accesso a questi interessanti dati, l'Università di Sidney purtroppo non pubblica tabelle di facile consultazione, che sarebbero utili per fare confronti, ma solo un servizio di ricerca online che mostra i risultati per singoli alimenti.

Il Dr. Michel Montignac, invece, pubblica sul suo sito una completa tabella con l'indice glicemico di molti alimenti. Il problema è che vi si trovano alimenti che contengono così pochi carboidrati (es.: l'Aceto di vino, 0,6%), che si ricade nel criterio di non ragionevolezza sopra esposto per le porzioni da somministrare ai volontari (1,67 litri nel caso dell'aceto!). Anche le farine, pur contenendo carboidrati in abbondanza, ricadono nel medesimo criterio di non ragionevolezza, dato che nessun volontario le mangerebbe tal quali, a crudo!

E infatti l'Università di Sidney non pubblica l'IG né di:
  • carne, uova, pesce, latticini e molte verdure, perché non contengono sufficienti quantità di carboidrati;
  • farine ed altri alimenti non agevoli da consumare crudi.
Invito pertanto a consultare il servizio di ricerca online dell'Università di Sidney per ottenerne utili informazioni sui singoli alimenti, sempre considerando il valore del carico glicemico (ultimo campo a destra) insieme a quello dell'indice glicemico: anche alimenti ad alto IG, infatti, possono contenere relativamente pochi carboidrati, o possono essere limitati nelle porzioni, così da fornire comunque un carico glicemico limitato; gli alimenti a basso IG, invece, possono essere consumati con più tranquillità.

Fattori che influenzano l'indice glicemico degli alimenti

In questa sezione vedremo in che modo tenere sotto controllo l'IG dei nostri alimenti, nella nostra vita quotidiana; ci sono, infatti, molti fattori che influenzano (positivamente o negativamente) l'IG degli alimenti!
Illustro qui i risultati presentati dalla Dr. Johanna Burani della American Diabetes Association, alla Southern Regional Conference nella Marco Island in Florida, il 26 maggio del 2006. La sua presentazione "Utilizzo pratico dell'indice glicemico" è disponibile online in inglese; io ne propongo qui un riassunto utile sia a chi non ha tempo di leggere l'intero documento, che a chi ha poca dimestichezza con la lingua inglese.

Il documento è ospitato sul sito dell'Università di Sidney e non più su quello della American Diabetes Association, che in effetti adesso mostra ricette non 100% affidabili contro il diabete: ancora un esempio di ciò che le lobby dell'agro-alimentare sono capaci di ottenere in USA, in linea con quanto esposto dal Dr. T. Colin Campbell in "The China Study".

Ecco i punti salienti tratti da "Utilizzo pratico dell'indice glicemico" della Dr. Johanna Burani:
  • Fattori che influenzano l'indice glicemico di un alimento:
    • la tipologia di carboidrato, cioè di amido (starch) che si ingerisce:
      • l'amilosio assorbe meno acqua, le sue molecole rimangono quindi strettamente raggrumate e la sua digestione risulta perciò più lenta; esempi di alimenti ricchi di amilosio e quindi a basso IG: fagioli (IG 28), e un riso particolarmente lavorato a marchio "Uncle Ben" (IG 50);
      • l'amilopectina, invece, assorbe più acqua, le sue molecole sono quindi più aperte e risultano pertanto più velocemente digeribili dal nostro organismo; esempi di alimenti che ne sono ricchi e quindi ad alto IG: patate a pasta bianca "Russet" (IG 85), e riso glutinoso (IG 98).
    • l'intrappolamento fisico, esemplificato tramite il chicco di un cereale; la crusca, infatti, agisce da barriera fisica che rallenta l'attività enzimatica di digestione dell'amido contenuto all'interno del chicco; i cereali integrali hanno, perciò, IG decisamente più bassi dei corrispondenti prodotti raffinati.
    • la viscosità delle fibre. Le fibre alimentari solubili, assorbendo acqua, trasformano il contenuto intestinale in un gel viscoso, che rallenta l'azione enzimatica di digestione degli amidi; qui gli esempi sono: le mele e l'avena integrale, ricche di fibra solubile, contro il pane integrale e i cereali da colazione, ricchi di fibre non solubili e quindi caratterizzati da un IG più alto.
    • il contenuto di zuccheri. Chiaramente, gli zuccheri aggiunti peggiorano il profilo nutrizionale degli alimenti, aumentandone l'IG; gli esempi sono succhi di frutta e  bibite zuccherati.
    • il contenuto di grassi e proteine. I grassi e le proteine ritardano lo svuotamento gastrico e, quindi, rallentano la digestione gli amidi; gli esempi sono prodotti ricchi di grassi e/o proteine (medio-basso IG), contro prodotti contenenti pochi grassi e proteine (alto IG).
    • il contenuto di acidi. Anche gli acidi contenuti nel cibo rallentano lo svuotamento gastrico e, di conseguenza, la digestione degli amidi; esempio: il pane prodotto con il lievito naturale, a lenta fermentazione acidofila (IG medio-basso), contro il pane bianco industriale, a lievitazione forzata (alto IG).
    • la lavorazione degli alimenti. Alimenti altamente lavorati richiedono, in generale, meno lavoro intestinale per la loro digestione. Qui l'esempio è anch'esso tipico del mercato USA: i fiocchi d'avena "vecchio stile" (semplicemente cotti a vapore, pressati ai cilindri, asciugati: basso IG), contro quelli moderni (cotti, asciugati, sfarinati ed impastati: alto IG).
    • la cottura, in generale, dilata le molecole di amido ed ammorbidisce i cibi, accelerandone la digestione. L'esempio qui dà giusto merito alla dieta mediterranea: spaghetti cotti al dente (IG medio-basso ) contro spaghetti troppo cotti (IG medio-alto).
  • Classificazione dei valori di carico glicemico (CG):
    • per singola porzione di cibo:
      • basso:        da 0 a 10;
      • moderato:  da 11 a 19:
      • alto:           da 20 in sù.
    • su tutta la giornata:
      • basso:         meno di 80;
      • moderato:   circa 100;
      • alto:            oltre 120.
  • Benefici di un regime alimentare a basso IG:
    • aiuta ad abbassare i livelli di glucosio nel sangue nei soggetti diabetici sia tipo 2 che tipo 1;
    • migliora i livelli di colesterolo nel sangue, in particolare aumentando il livello di quello "buono" (HDL);
    • aiuta a mantenere il peso corporeo sotto controllo;
    • abbassa il rischio di malattie cardio-vascolari;
    • abbassa il rischio di diabete di tipo 2;
  • Linee guida alimentari:
    • bilanciare l'assunzione ed il consumo di calorie;
    • assumere una dieta bilanciata con una varietà di cibi e bevande ricche di principi nutritivi;
    • consumare generose porzioni di frutta e verdura ogni giorno (unità USA "cup" = circa 200g, dunque circa 400g di frutta e 500g di verdura al giorno, rispetto ad un totale di 2000 kcal);
    • scegliere cereali integrali per almeno metà dell'apporto quotidiano di cereali;
    • mantenere i grassi al 20-35% delle calorie quotidiane, privilegiando quelli mono- e poli-insaturi;
    • scegliere cibi con pochi zuccheri o dolcificanti calorici aggiunti;
    • bere alcolici con moderazione;
    • seguire le buone regole di sicurezza alimentare nella preparazione dei cibi;
    • attenzione! Non concentrarsi esclusivamente sull'ottenere un basso carico glicemico scegliendo solo cibi a basso indice glicemico. Si potrebbe finire con lo scegliere, in tal modo, cibi molto grassi, con (troppo) pochi carboidrati, poche fibre, e (troppo) densi in calorie.
    • Occorre, invece, bilanciare la dieta includendo cibi a basso indice glicemico, usando il carico glicemico come guida nello stabilire le porzioni:
      • cibi a basso IG: porzioni più grandi, tenendo comunque sotto controllo il GC;
      • cibi ad alto IG: porzioni ridotte, limitate dal GC.
  • Come incrementare il consumi di alimenti a basso IG:
    • a colazione, mangiare cereali ricchi di fibre, che hanno basso IG, oppure aggiungere frutta fresca (acidi) o secca (grassi), semi (grassi) e/o cannella ai cereali ad alto IG;
    • scegliere pani e crackers densi, integrali ed a lievitazione naturale, oppure aggiungere proteine e/o grassi salutari per il cuore ai pani e crackers ad alto IG;
    • consumare da 5 a 9 portate di frutta e verdura ogni giorno, oppure consumare da 5 a 9 portate di frutta e verdura ogni giorno (non c'è alternativa!);
    • sostituire le patate a pasta bianca con le patate dolci e le patate novelle, oppure ridurre le porzioni di patate ad alto IG;
    • mangiare meno zuccheri raffinati e cibi pronti (bibite gassate, dolciumi, dessert, ecc.), oppure combinare frutta fresca e secca, yogurt o gelato con i dolciumi commerciali, limitando comunque le quantità.
  • Speranze per un nuovo modello di responsabilizzazione:
    • che porti il paziente a prendere decisioni autonome e bene informate sui cambiamenti di comportamento personali;
    • che permetta al il medico a prendere decisioni autonome e bene informate sui cambiamenti di formazione professionale (!).

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